Nella primavera del 1996 si apre a Palazzo Sarcinelli la prima mostra da lui curata di ambito non italiano, ed è dedicata ai ritratti di Graham Sutherland. Nel ponderoso catalogo Electa, assieme al suo saggio, testi tra gli altri di Tassi e Soavi, oltre a una trascrizione inedita da una intervista di Testori del 1980.
Nella primavera del 1997, sempre a Palazzo Sarcinelli, si apre una mostra fondamentale nel suo percorso critico e che sarà una sorta di incunabolo per tutto il lavoro futuro dedicato allo studio della pittura di paesaggio, nel XIX e nel XX secolo, in Europa e successivamente anche in America. Da Monet a Morandi. Paesaggi dello spirito − con un lungo saggio, nel catalogo Marsilio, in cui entra prepotentemente, per la prima volta in modo così ampio, il rapporto tra arte, filosofia, letteratura e musica – diventa, in anticipo di quindici anni rispetto alle grandi mostre recenti sui temi del viaggio, dello sguardo, del paesaggio e della notte, l’idea espressa di poter coniugare, in uno stesso percorso espositivo, opere di artisti anche distanti tra loro nel tempo. Dove il contatto non sia solo stilistico, ma anche affidato alla forza di un comune sentimento legato al rapporto tra visione, sua restituzione e vita.
Nell’autunno del 1998, nella Casa dei Carraresi di Treviso, prende il via un ciclo espositivo che avrebbe modificato il modo di percepire una mostra. L’enorme successo di pubblico – oltre due milioni di visitatori in sei mostre in una città di soli ottantamila abitanti – spezza quel rapporto solo specialistico tra opera e visitatore, aprendo a una situazione decisamente più coinvolta e includente. La prima mostra venne da lui dedicata alla figura di Roberto Tassi da poco scomparso, grande firma del quotidiano “la Repubblica”, e alle sue preferenze pittoriche sia in ambito europeo (Da Van Gogh a Bacon) che in ambito italiano (la sezione ospitata in Palazzo Sarcinelli e intitolata Da Fattori a Burri). L’idea di rendere omaggio con una mostra a un grande scrittore d’arte, che molto piacque al mondo accademico e dei direttori di museo, gli aprì le porte dei primissimi prestiti prestigiosi, come quelli decisi in quel 1998 da Henri Loyrette, allora direttore del Musée d’Orsay di Parigi, e da Jean Clair, allora direttore del Musée Picasso di Parigi.
A seguire, sempre nella Casa dei Carraresi, venne la curatela, ogni volta accompagnata dai saggi in catalogo, delle mostre Da Cézanne a Mondrian (1999) sulla genesi del paesaggio moderno, dalla crisi dell’impressionismo fino alle avanguardie e La nascita dell’impressionismo (2000), sugli anni che portarono allo svilupparsi della poetica nuova del colore e della luce. Nell’occasione di questa mostra venne invitato dal Louvre, nel corso di una giornata internazionale di studi, a presentare nel grande Auditorium del museo parigino quello che cominciava a essere definito come “il miracolo Treviso”.
Le mostre curate nel 2001, 2002 e 2003 per la Casa dei Carraresi, e che concludono questa esperienza trevigiana, segnano indubbiamente un primo salto di qualità per quanto riguarda il livello dei prestiti e delle collaborazioni internazionali. Se i primi musei americani avevano iniziato a prestare alle mostre da lui curate già nel 2000, è con questa sequenza di esposizioni che i rapporti cominciano a consolidarsi.
Nel 2001 cura Monet. I luoghi della pittura, che rimane la più ampia mostra monografica (80 dipinti esposti) mai realizzata in Italia sul Maestro dell’impressionismo. Nel 2002 cura una mostra quasi doppia nel numero delle opere, oltre 150, dedicata alla ricostruzione, anno per anno, delle vicende dell’impressionismo. L’impressionismo e l’età di Van Gogh costituisce un incredibile successo, con oltre 600.000 visitatori e resta la mostra più visitata da lui curata fino a oggi. Le cinquanta opere di Van Gogh in quella rassegna, provenienti da musei sia americani che europei, e che aprono il rapporto con il Van Gogh Museum e il Kröller-Müller Museum, costituiscono il primo tassello di un lavoro da lui dopo di allora dedicato in modo molto forte alla figura del pittore olandese, e che si è concretizzato in diverse esposizioni sempre di grandi risultati. Nel 2003, cura L’oro e l’azzurro. I colori del Sud da Cézanne a Bonnard, dove racconta, con dipinti la cui qualità continua a salire e in arrivo dai musei di tutto il mondo, la vicenda della rappresentazione del Mediterraneo e della Provenza nella pittura, specialmente francese, dell’Ottocento e della prima parte del Novecento.
Nel 2003 cura per il Comune di Belluno, in Palazzo Crepadona, due mostre che fanno luce su aspetti diversi delle vicende dell’arte. Con Da Corot a Monet arrivano per la prima volta in Italia le opere impressioniste e post-impressioniste dal museo di Johannesburg in Sud Africa. Mentre con Da Van Gogh a Picasso giungono in Italia i disegni quasi mai esposti di uno dei maggiori musei americani, il Los Angeles County Museum of Art.
Con il suo arrivo a Brescia, nel 2004, cambia in modo significativo il punto di vista quanto a costruzione del progetto. In un libro che a febbraio 2009 raccolse tutti i saggi scritti per le 33 mostre da lui curate e organizzate nei cinque anni di lavoro bresciano, così tra l’altro annotava nella Premessa: “Dal 2004 all’inizio del 2009 ho lavorato per la città di Brescia. Vi ho realizzato oltre trenta mostre, visitate da 2,5 milioni di persone. E specialmente ospitate nel bellissimo Museo di Santa Giulia, ma anche nel Castello e nella Pinacoteca Tosio Martinengo. Esposizioni che hanno indugiato sulla cultura figurativa europea, e anche americana, soprattutto del secondo Ottocento. E poi sulla pittura italiana sia della prima che della seconda parte del XX secolo, fin proprio a questi nostri giorni recenti. Dal che si sono sommate, quali occasioni di approfondimento per gli studiosi e di assoluto godimento per il pubblico largo che le ha sempre assai generosamente visitate, rassegne che hanno spaziato dai grandi nomi come Monet, Gauguin e Van Gogh ad artisti che certamente quel vasto pubblico non conosceva, e che in questo modo, invece, ha potuto riconoscere come identici portatori di bellezza.
Si è così venuto creando, in questi cinque anni, un tessuto ricco e articolato, che ha tra l’altro visto la partecipazione sempre più massiccia anche del pubblico bresciano. Oltre che, naturalmente, di centinaia di migliaia di persone che hanno compiuto viaggi anche lunghi, sia dall’Italia che dall’estero, pur di arrivare a Brescia a visitare le mostre e i musei. La città ne è stata indubitabilmente segnata. Quel tessuto è stato sì costituito dallo splendore di tante tra le opere giunte in occasione delle rassegne, ma anche dalle molte altre iniziative che a questo progetto espositivo si sono legate. Le rappresentazioni teatrali, i cicli di conferenze, le lezioni, i concerti, l’attività didattica e il rapporto con le scuole. Sono stati circa 400.000 gli alunni e gli studenti che, accompagnati dai loro insegnanti, hanno frequentato le mostre, godendo delle speciali visite guidate e dei laboratori. Quello che voglio dire, è che si è costruito molto, grazie all’aiuto di tanti. Con l’incondizionata approvazione del pubblico”.
Nell’ambito della sua collaborazione con la città di Brescia e con i Musei civici della città lombarda nascono alcuni progetti, espositivi ed editoriali, volti a far conoscere a un pubblico molto più largo i tesori specialmente della Pinacoteca Tosio Martinengo. Si formano così le mostre, e i relativi cataloghi di studio e approfondimento, Da Raffaello a Ceruti. Capolavori della pittura dalla Pinacoteca Tosio Martinengo (2004), Da Dürer a Rembrandt a Morandi. Capolavori dell’incisione dalla Pinacoteca Tosio Martinengo (2004), Da Romanino a Moretto a Ceruti. Tesori ritrovati della Pinacoteca Tosio Martinengo (2006) e la mostra che, sempre nel 2006, viene inviata nel Portland Art Museum negli Stati Uniti, aperta in occasione dell’annuale sessione dei direttori di tutti i musei americani. Great Painters in Brescia from the Renaissance to the 18th Century. From the Pinacoteca Tosio Martinengo porta per la prima volta negli Stati Uniti il nome di Brescia, attraverso molti dei suoi capolavori, in modo così completo.
Nel 2004 a Brescia, nell’ambito di una collaborazione tra Linea d’ombra e il Louvre, che si era già espressa nelle mostre parigine del 2003 sui disegni di Leonardo e del 2004 su Rosso Fiorentino e Primaticcio, organizza, con Vincent Pomarede e Jean Habert, l’esposizione Tiziano e la pittura del Cinquecento a Venezia. Capolavori dal Louvre.
In quello stesso autunno del 2004, il Museo di Santa Giulia di Brescia vede l’apertura della mostra da lui curata, Monet, la Senna, le ninfee. Il grande fiume e il nuovo secolo. Si tratta di un progetto dedicato al tema della Senna nella rappresentazione di Monet ma anche dei maggiori pittori impressionisti. Fino alle prove estreme nel giardino di Giverny, quando Monet apre del tutto alla modernità.
Sempre nell’autunno del 2004, ma a Torino alla Promotrice delle Belle Arti, cura Gli impressionisti e la neve. La Francia e l’Europa, che indaga per la prima volta storicamente il rapporto, sul tema del paesaggio invernale, tra il realismo di Barbizon e poi l’impressionismo in Francia e gli esiti della immediatamente successiva pittura europea che a quei movimenti si era ispirata. Andando quindi oltre la visione esclusivamente francese, che per esempio una mostra importante, Impressionists in Winter, aveva raccontato facendo tappa pochi anni prima in alcuni famosi musei americani.
Nell’autunno del 2005, sempre a Brescia, cura la mostra certamente con i prestiti più clamorosi di tutta la sua attività finora. Gauguin/Van Gogh. L’avventura del colore nuovo, grazie alla collaborazione dei principali musei di tutto il mondo − e soprattutto il Van Gogh Museum e il Kröller-Müller Museum per la parte riguardante Van Gogh e il Musée d’Orsay per la parte riguardante Gauguin – raccoglie addirittura 80 opere di Van Gogh e 70 di Gauguin, tutte di altissima qualità. Sempre negli spazi di Santa Giulia, cura, assieme a George Shackelford, la prima mostra italiana dedicata all’opera di Millet, così importante per la formazione di Van Gogh.
Nel 2006 a Brescia cura una vastissima mostra (quasi 300 dipinti) sul paesaggio inglese e francese del XIX secolo. Turner e gli impressionisti. La grande storia del paesaggio moderno in Europa indaga le vicende della nascita della moderna rappresentazione della natura, con 100 musei prestatori di tutto il mondo. Accanto a questa, cura assieme a Fred Leeman la più ampia mostra di Mondrian mai realizzata in Italia, dando luce soprattutto alla meno nota parte che precede l’astrazione geometrica.
Del 2007 a Brescia è il progetto sulla pittura, ma sulla cultura in senso più largo, americana del XIX secolo. America! Storie di pittura dal Nuovo Mondo, con 400 opere esposte tra dipinti, disegni, fotografie originali, sculture, abiti e oggetti appartenuti alle popolazioni indiane delle grandi pianure, è il più grande progetto mai dedicato al mondo a questo tema, portato a termine dopo tre anni di ricerche e di lavoro in ogni angolo degli Stati Uniti. Alla fine saranno 40 i musei statunitensi prestatori e il catalogo pubblicato resta l’unico strumento del genere in lingua italiana.
I cinque anni a Brescia si chiudono, a fine 2008, con la cura della prima mostra italiana dedicata ai disegni di Van Gogh, con l’esposizione dell’intera collezione di fogli del Kröller-Müller Museum, cui vengono aggiunti una trentina di quadri per raccontare la storia dello straordinario museo olandese.
Nel 2009, su incarico della Regione Friuli Venezia Giulia, crea e cura il progetto “Geografie dell’Europa” per la sede di Villa Manin a Passariano. L’intento è quello di analizzare, in ambito ottocentesco e d’inizio Novecento, le vicende pittoriche di alcune aree geografiche del Vecchio Continente, per proporle, in alcuni casi per la prima volta, alla conoscenza italiana. Per cui nel 2009 cura la mostra L’età di Courbet e Monet. La diffusione del realismo e dell’impressionismo nell’Europa centrale e orientale, cui nel 2010 segue Munch e lo spirito del Nord. Scandinavia nel secondo Ottocento e nel 2011 Espressionismo. Pur essendo particolarmente decentrata la sede espositiva, il progetto ha un grande successo di pubblico, con quasi 300.000 visitatori totali, in netta controtendenza rispetto alle mostre lì ospitate normalmente.
Nello stesso 2009, su incarico della Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini, parte un altro progetto triennale, ospitato nella sede del Castello Malatestiano nel cuore del centro storico romano. Cura pertanto nel 2009 una mostra che raccoglie quasi 70 opere scelte, in alcuni casi veri capolavori, dalle collezioni del Museum of Fine Arts di Boston (Da Rembrandt a Gauguin a Picasso). In questa prima occasione riminese, affida ad Antonio Paolucci, Enzo Pruccoli e Alessandro Giovanardi, la cura di un volume, Piero della Francesca e i tesori d’arte a Rimini, che possa servire al largo pubblico che visiterà la mostra a conoscere anche i tesori, poco noti, di Rimini. Secondo una motivazione di lavoro che ha sempre amato, e cioè quella di considerare le grandi mostre anche come strumento di conoscenza delle bellezze artistiche, spesso nascoste, di alcune tra le città nelle quali ha operato. Nel 2010 è la volta di Parigi, gli anni meravigliosi. Impressionismo contro Salon, dedicata al rapporto conflittuale tra la giovane pittura francese e la perdurante Accademia. Accanto a questa, grazie alla collaborazione con il più antico museo americano, il Wadsworth Atheneum di Hartford, presenta la mostra Caravaggio e altri pittori del Seicento, realizzata attorno a una delle prime opere di Caravaggio, L’estasi di San Francesco d’Assisi. Infine, all’inizio del 2012, per festeggiare i quindici anni dalla creazione di Linea d’ombra, cura una mostra con molti capolavori inviati da alcuni tra i musei mondiali che più hanno collaborato con la sua società: Da Vermeer a Kandinskij. Capolavori dai musei del mondo a Rimini.
Nel 2010, su incarico della Fondazione San Marino, vara un progetto biennale, per il Palazzo Sums, che si pone come approfondimento rispetto alle mostre riminesi. Il primo anno, sempre sul tema del rapporto tra impressionismo e Salon, cura Monet, Cézanne, Renoir e altre storie di pittura in Francia e il secondo anno, la panoramica sui musei del mondo incontra la pittura americana del Novecento, con la mostra Da Hopper a Warhol. Pittura americana del XX secolo a San Marino.
Tra il 2010 e il 2012, su incarico della Fondazione Palazzo Ducale di Genova e del Comune di Genova, cura due mostre proprio nel Palazzo Ducale. La prima, nell’anno delle celebrazioni dedicate al Mediterraneo, Mediterraneo. Da Courbet a Monet a Matisse, è un’ampia ricognizione sulla grande pittura francese che ha avuto quel mare e la Provenza, tra fine Settecento e metà Novecento, come punti focali di costruzione di storie e immagini. La seconda, Van Gogh e il viaggio di Gauguin, dedicata al tema del viaggio come spostamento fisico nel mondo e come luogo dello spirito, è stata originata dal prestito epocale, da parte del Museum of Fine Arts di Boston, della grande e celeberrima tela di Gauguin, Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? Attorno a questo capolavoro, che solo per la seconda volta si vedeva in Europa, una ricostruzione ampia del tema del viaggio nella pittura sia americana che europea del XIX e del XX secolo, tra l’altro con un nucleo ampio di dipinti, disegni e lettere di Vincent van Gogh.
Tra il 2012 e il 2014, in seguito a un accordo con la Fondazione Cariverona e i Comuni di Vicenza e Verona, progetta per le sedi della Basilica Palladiana, riaperta in questa circostanza dopo sei anni di restauri, e del Palazzo della Gran Guardia, due mostre che fanno tappa prima in una città e poi nell’altra. Per entrambe queste esposizioni, così come era stato per la mostra genovese sul viaggio, oltre alla curatela scrive l’intero catalogo in forma di libro autonomo. Le due mostre indugiano la prima sulla storia dello sguardo nella pittura dal Quattrocento al Novecento (Raffaello verso Picasso. Storie di sguardi, volti e figure il titolo della mostra a Vicenza e Da Botticelli a Matisse volti e figure il titolo della mostra a Verona) e la seconda sulla storia della pittura di paesaggio da Poussin e Van Ruisdael fino alla dissoluzione dell’immagine percepita nelle ninfee di Monet (Verso Monet. Storia del paesaggio dal Seicento al Novecento).
Nella primavera del 2014, in seguito a un accordo con il museo Mauritshuis dell’Aia e con la società Genus Bononiae della Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna, cura, assieme ad alcuni studiosi olandesi, l’unica tappa europea della mostra evento mondiale dedicata a La ragazza con l’orecchino di perla di Johannes Vermeer. Palazzo Fava a Bologna, in seguito alla chiusura per restauri e ampliamenti del famoso museo olandese, ospita così un’esposizione che oltre al dipinto icona presenta anche una quarantina di altri capolavori della Golden Age olandese, da Rembrandt a Frans Hals.
Tra la fine del 2014 e il 2015, cura una terza mostra per la città di Vicenza e per la Basilica Palladiana, Tutankhamon Caravaggio Van Gogh. La sera e i notturni dagli Egizi al Novecento, una storia della sera e della notte nella rappresentazione antica, come immagine legata alla vita di Cristo, ovviamente quale rappresentazione ottocentesca del paesaggio e anche nella pittura astratta contemporanea. Alla mostra si associa ancora una volta un catalogo, il più ampio tra tutti, scritto in forma di libro autonomo. Assieme a questa esposizione, sempre a Vicenza, ma in Palazzo Chiericati sede della Pinacoteca Civica, cura la prima mostra in un museo italiano di Antonio López García, considerato il maggior pittore figurativo vivente. Per questa circostanza scrive la prima monografia in lingua italiana sull’artista spagnolo.
Nel 2016, anno del ventennale di Linea d’ombra, società da lui fondata, Marco Goldin ritorna a Treviso, curando, nel Museo Santa Caterina, una mostra che costituisce la sintesi delle suoi ampi studi su uno dei movimenti più importanti dell’intera storia dell’arte. Storie dell’impressionismo raccoglie in sei sezioni 140 opere, quasi tutti dipinti, ma anche fotografie e incisioni a colori su legno, per raccontare, come prima mai fatto in Italia, le tante storie dell’impressionismo con approfondimenti su singoli protagonisti come tra gli altri Cézanne, Monet, Renoir, Degas, Gauguin e Van Gogh e indagini su temi centrali quali il paesaggio, il ritratto e la natura morta.
Accanto a questo grande racconto, una piccola ma preziosa mostra-dossier, Tiziano Rubens Rembrandt. Di questi artisti sono presentati, sempre nel Museo di Santa Caterina, tre capolavori, in prestito dalla Scottish National Gallery di Edimburgo, per stimolare una riflessione e un confronto, come suggerisce il sottotitolo, sull'immagine femminile tra Cinquecento e Seicento.
Il 2018 è l'anno di Rodin. Un grande scultore al tempo di Monet, mostra monografica organizzata in collaborazione con il musée Rodin di Parigi, quale conclusione delle celebrazioni internazionali del centenario della scomparsa del grande scultore francese (1840-1917). Una selezione altissima delle opere di Rodin: 49 sculture e 23 disegni (oltre a una scultura di Camille Claudel, un quadro di Monet e uno di Munch), per raccontare la parabola di colui che a ragione è stato definito "l'erede diretto di Michelangelo". Nel rinnovato Museo Santa Caterina, sono stati presentati tutti i suoi capolavori: dal Bacio al Pensatore, dal Monumento a Balzac all’Uomo dal naso rotto, dall’Età del bronzo al Pensiero, sino alle maquette, spesso comunque di grande formato, delle opere monumentali, i Borghesi di Calais e la Porta dell’Inferno, tra le tante.
Nel 2017, nella Basilica Palladiana di Vicenza, Marco Goldin ha curato una grande mostra dedicata a Vincent van Gogh, composta da 129 opere, di cui 43 quadri e 86 disegni.
Coprendo tutto l'arco della sua produzione, dal 1880 al 1890, e presentando tra l'altro fondamentali esempi relativi al disegno, ambito imprescindibile per l’artista, l’esposizione ha ricostruito con precisione l’intera vicenda biografica di Van Gogh, ponendo dapprincipio l’accento sui decisivi anni olandesi, dunque dall’autunno del 1880 nelle miniere del Borinage, fino all’autunno del 1885 a conclusione del fondamentale periodo di Nuenen. E' stato poi indagato il periodo parigino e la tanto desiderata immersione nei colori del Sud, prima ad Arles e poi a Saint-Rémy, in Provenza. Per giungere infine alla conclusione della sua vita con i settanta, febbrili giorni di Auvers-sur-Oise.