Testata

Confini

Da Turner a Monet a Hopper. Canto con variazioni

Passariano di Codroipo (UD), Villa Manin, Esedra di Levante
11 Ottobre 2025 - 12 Aprile 2026

Argomenti

OBBLIGATORIA PREMESSA

Il confine è il tema guida della capitale europea della cultura 2025, Nova Gorica e Gorizia insieme.


ARGOMENTO PRIMO

Lo considero un privilegio di questo lavoro, un’avventura come poche altre ve ne sono. Ti è data una parola, una sola parola, e da lì partire per un viaggio noto e ignoto, tra cieli e giardini. E talvolta ancor di più, sembrerebbe, in quel luogo segreto che è il punto più fondo di noi. Diresti l’anima, se non fosse quasi ardito nominarla. L’anima in cui si segna la trasformazione del mortale nell’immortale.

Il confine come anima ha in sé questo doppio, e ben l’aveva detto Walt Whitman, che così scriveva:

L’anima,
sempre e per sempre: più a lungo di quanto la terra
sarà solida e bruna, di quanto il mare avrà flussi e riflussi.
Scriverò le poesie della materia, credo che siano le più spirituali,
scriverò le poesie del mio corpo e della mia mortalità,
così darò a me stesso le poesie della mia anima e della mia immortalità.

Si tratta insieme del confine dell’universo e del proprio confine interiore. Da vivere come un’unica sostanza, nel momento in cui il fiorire di una rosa e il tramonto lontano sono una cosa sola. Attraverso gli occhi di chi guarda. Qui, ora, dentro.

Gustave Courbet, Effetto di tramonto, costa a Trouville, 1866 circa
Hartford, Wadsworth Atheneum Museum of Art

ARGOMENTO SECONDO

Quell’unica parola, confine. E non c’è niente di più eroico che la ricerca di una direzione. Da scegliere dapprima, a meno che non sia proprio lei a scegliere te. Allora il confine lo vedi, ti fermi, lo attraversi, può capitare che torni indietro, perché quello che scopri, e che senti, mette paura.
Il confine reca in sé qualcosa di eroico e chi parte per quel viaggio lo fa proprio nella dimensione dell’eroe. Coloro che vivono un’esperienza che è qualcosa più dell’umano, anticipando così un tempo, e un luogo, che ad altri sarà concesso di vivere solo più in là.
Il confine è uno spazio che si vede e si respira, che talvolta non si vede ma si intuisce che c’è. Si camminano le strade guardando da ogni lato, accorgendosi di tutto, abbracciando una luce che si tende fino all’estremo limite.
Un altro grande poeta, Fernando Pessoa, lo ha detto in modo meraviglioso:

Il mio sguardo è nitido come un girasole.
Ho l’abitudine di camminare per le strade
guardando a destra e a sinistra,
e talvolta guardando dietro di me.
E ciò che vedo a ogni momento
è ciò che non avevo mai visto prima,
e so accorgermene molto bene.

Ferdinand Hodler, Eiger, Mönch, Jungfrau sopra un mare di nuvole, 1908
collezione Christoph Blocher

ARGOMENTO TERZO

Far diventare quindi la parola confine una riflessione a colori. Un racconto. Non lasciare che resti isolata in un sovramondo e invece trovare pittori che abbiano raccolto la sfida di dipingere il confine.

Loro, veri e propri anticipatori, si pongono a capo di una moltitudine, anche se qualche volta non lo sanno. Essi cercano una luce che rimandi al tempo del principio delle cose, quel tempo dal quale occorre porsi in cammino. Il confine non è solo punto d’arrivo, di scavalcamento, ma può essere anche la piazzola di partenza.

I pittori del confine sono quindi viandanti, non hanno paura di guardare e poi dipingere. Si rivolgono ugualmente alla profondità del cielo e alla distensione del mare, alla fioritura in un giardino e a ciò che incontrano dentro loro stessi.

E poi quella riflessione a colori, nata da una sola parola, confine, mutarla, felicemente, in una mostra. Ma non d’incanto, e invece dopo un lungo studio, letture, approfondimenti, sorprese.

Sì, farsi cogliere di sorpresa, impreparati quando capita così, ed è allora proprio in quel momento che l’emozione ti travolge, ed è allora che puoi cominciare a muoverti. Il corpo si leva da terra, è l’alzati e cammina evangelico. Il corpo si leva da terra e non ci sono, per quei pittori così coraggiosi, limiti al confine.

Poiché sarebbe effettivamente da accettare l’invito che Thomas Eliot fa nel terzo movimento dei suoi Quattro quartetti:

Non buon viaggio
ma avanti, viaggiatori.

E non verso un solo confine, e invece volgere il singolare al plurale, affinché si comprenda perfettamente, e fino in fondo, la ricchezza di una parola che così si fa sentimento, che abbraccia la molteplicità delle cose e ci fa dire: eccoli, i confini.

Sanford Robinson Gifford, Temporale sui monti Adirondacks, 1866
Hartford, Wadsworth Atheneum Museum of Art

ARGOMENTO QUARTO

E se qualcosa si è già compreso, è che la mostra che sta nascendo da questa sola parola, confine, terrà un legame forte, indissolubile, con la poesia. Anzi, non potrà farne in alcun modo a meno.

Attraverserà due secoli, l’Ottocento e il Novecento, sia in Europa sia in America. Avrà a che fare con la forza e con il dubbio, e la parola sempre accompagnerà il colore.

Saranno pittori che hanno sentito il senso non inutile di una sfida, l’hanno accettata, e che hanno tracciato sentieri verso quei confini. Hanno viaggiato per terra e per mare, si sono sollevati tra le nuvole, hanno viaggiato dentro loro stessi, per raccontare, ognuno a proprio modo, la grandezza della vita.

Come spesso accade, lasciamo a Vincent van Gogh il pronunciare la direzione del cammino. In una lettera dell’agosto 1883, così scriveva al fratello Theo: “Ho un debito nei confronti del mondo, e anche l’obbligo – poiché ci ho camminato sopra per trent’anni – di lasciargli in segno di gratitudine qualche ricordo in forma di disegni o di quadri – che non sono stati fatti per piacere all’una o all’altra tendenza, ma per esprimere un sentimento umano sincero.”

Ecco, sarà proprio così in questa mostra. La scoperta di un sentimento umano sincero. Ciò che commuove, rende felici e spaura.

Claude Monet, Marina a Pourville, 1882
Columbus Museum of Art

ARGOMENTO QUINTO

Se da una parola, confine, viene il principio, questa mostra ha cominciato a nascere, e quindi a prendere vita dentro di me come strada da percorrere e racconto da comporre, da un passo del De rerum natura, lì dove Lucrezio si sofferma tra confine e infinito.

È un brano di un fascino estremo, che lega nella potenza del pensiero l’uomo all’universo. Esattamente quello che questa mostra intende fare, specificandolo nel suo impianto generale e poi nella suddivisione all’interno delle diverse aree:

Tutto ciò che esiste è dunque illimitato in ogni senso;
infatti diversamente dovrebbe avere un estremo.
Ma appare evidente che nessuna entità può avere un estremo,
se al di là di essa non vi sia qualcosa che la limiti, così che appaia
un punto che la facoltà dei sensi non riesce a seguire né a superare.
Ora poiché si deve riconoscere che fuori del tutto
non può esistere nulla, l’universo non ha estremo, né confine, né misura.
Né importa in quale sua parte tu sia situato;
sempre, in qualunque luogo uno si fermi,
da ogni lato lascia ugualmente infinito l’universo.

È l’idea del confine infinito, dell’universo infinito. Un confine spostato sempre più in là, fino al suo annullamento. Una linea da raggiungere e da oltrepassare, una linea che diventa materia pulviscolare dell’universo. Il confine diventa esso stesso l’universo.

E non soltanto ciò accade nella tensione spasmodica che sempre ha portato l’uomo verso le dimensioni del naturale come il cielo, la montagna e il mare, ma anche nella dilatazione immensa che dagli occhi si inabissa nel creato interiore.

Ecco perché questa mostra si soffermerà, in un suo punto, anche nell’esposizione di sguardi e volti, alla ricerca di quel confine che non si distende nello spazio naturale ma alberga nel risvolto interno degli occhi. È lì che si fissa uno dei punti più toccanti e struggenti della storia dei confini dipinti, proprio lo sguardo che apre al silenzioso gong dell’inconscio. Ed è anche quel punto che la mostra, al di là di tanti paesaggi io credo non facilmente dimenticabili, incontrerà.

mostra a cura di
Marco Goldin

Passariano di Codroipo (UD), Villa Manin, Esedra di Levante

11 ottobre 2025 - 12 aprile 2026